È una famiglia più che benestante quella in cui nasce Guglielmo, a Vercelli nel 1085. Ma della ricchezza e della nobiltà non vuole saperne e, ancora adolescente, si spoglia di ogni suo avere e parte come pellegrino verso Santiago de Compostela. Torna in Italia dopo cinque anni di cammino nutrito di ascesi e preghiera, deciso a dirigersi verso la meta delle mete di ogni tempo: Gerusalemme.
A Brindisi, mentre cerca una nave, è aggredito violentemente e, con l’aiuto di Giovanni da Matera – anch’egli futuro Santo -, legge l’episodio come un segno di Dio che lo vuole in Italia. Riparte così nel 1118 per raggiungere l’Irpinia, trovando stabile rifugio in una piccola conca a Montevergine. Non più pellegrino, dunque, ma eremita, e presto monaco e abate: tanti lo raggiungono, affascinati dalla sapienza e dalla radicalità con cui sta con il suo Signore.
Nel 1128, dopo aver lasciato la comunità di Montevergine affidandone la cura al futuro beato Alberto, va in Lucania, sul monte Cognato, e anche qui presto fonda un monastero, sempre sulla base della Regola benedettina. A Goleto, nell’avellinese, Guglielmo dà vita a due monasteri, uno maschile e uno femminile. La sua prima biografia del XII secolo afferma che sono moltissime le comunità da lui fondate: sono le radici della Congregazione Verginiana, poi Congregazione Benedettina di Montevergine, che verrà riconosciuta nel 1126 e che sopravvivrà per molti secoli, fondendosi poi, nel 1879, con la Congregazione Cassinese.
Guglielmo muore nel 1142, a Goleto, subito venerato come Santo.
Come può oggi la Chiesa affrontare la sfida della sua missione dentro questo mondo? La ricchezza filosofica, antropologica e teologica di queste pagine consente di individuare nel dono una via possibile, affascinante, generativa. Una sollecitazione preziosa per ripensare, con responsabilità e slancio, la Chiesa e il suo annuncio.